mercoledì 28 maggio 2014

Dossier: Honda CX 500 & GL 500



Honda CX 500… l’Honda anomala. (Prima Parte)
Alla fine degli anni ’70, l’Honda ha utilizzato la sigla CX per identificare un suo nuovo modello, caratterizzato dal motore bicilindrico a V (V-Twin). E’ “anomala”, per diverse ragioni, ma principalmente a causa di una contraddizione: nonostante le scelte tecnologiche innovative ed il discreto successo commerciale, è restata in produzione solo pochi anni: dal 1978 al 1983. Il fatto è che i primi modelli CX erano stati oggetto di giustificate critiche. Allora l’Honda ha provveduto ad intervenire sia nell’estetica che nei componenti tecnici, ha ampliato l’offerta con nuovi ed interessanti proposte (turbo e aumento di cilindrata). Quando l’utenza iniziava ad abituarsi a questi continui sviluppi, il progetto è stato completamente abbandonato per far posto alla nuova linea di motori raffreddati a liquido V4, e la casa giapponese non ha più riproposto il motore V-Twin.  Nonostante ciò, ci sono ancora tante CX in giro.


La storia
Alla fine degli anni Settanta i quattro grandi marchi giapponesi hanno iniziato a sfornare, ad un ritmo impressionante, nuovi modelli, specialmente grosse cilindrate, con prestazioni eccessive. La classe 500, che prima aveva il ruolo di Regina della strada era ormai considerata una “media”. In quel periodo la mezzo litro della Honda era la CB500 Four, il quadri cilindrico fronte marcia, derivato dalla sorella maggiore la Honda CB750 introdotta nel 1969. La moto, anche nelle sue più aggiornate versioni, non trovava consensi nelle generazione dei più giovani acquirenti. Allora l’Honda decise di progettare una nuova mezzo litro dando l’incarico a Shoichiro Irimajiri, responsabile della Honda GL1000 e, più tardi, del leggendario sei cilindri Honda CBX di creare il nuovo prodotto dell’Honda che doveva dare l’idea di moderno, già proiettata in avanti. Come nome fu scelta una sigla “CX” come il coefficiente di resistenza aerodinamica, per dare l’idea di essere già nel futuro e la CX si presentava con tutte le credenziali per esserlo. Irimajiri realizzò qualcosa, con l’elevata precisione costruttiva tipica dell’Honda, che era diverso da qualsiasi moto mai costruita prima: il raffreddamento a liquido, la mancanza della leva per l’avviamento a pedale, 4 valvole per cilindro, la trasmissione a cardano, le ruote modulari con tubeless. Singolarmente non erano caratteristiche “inedite” in assoluto, ma l’Honda non aveva mai prodotto un V-twin, mai aveva raffreddato il motore di una moto commerciale ad acqua e la trasmissione a cardano l’aveva utilizzata solo sul massiccio GL1000. 

In assoluto è stata la prima moto che montava di serie i pneumatici senza camera d’aria. Si distingueva con una personale idea di design motociclistico e, su questo, non c’erano riferimenti a precedenti produzioni. Aveva realizzato una moto unica. Molti la identificano come “la Guzzi dell’Honda” per l’impostazione del motore, bicilindrico a V fronte marcia e trasmissione a cardano. Ma le differenze sono tante. Il CX ha un motore raffreddato ad acqua, ha quattro valvole per cilindro, gestite da aste di spinta piuttosto che più convenzionali camme in testa, l’albero è controrotante (per evitare l’effetto giroscopico nelle accelerazioni) e le teste dei cilindri sono ruotate di 22 °. Poi, e non per ultimo, ha la precisione costruttiva e la qualità di componenti e materiali utilizzati dall’Honda. Di CX dopo 30 anni se ne vedono tante in giro, molte con le cromature ancora lucide ed alcune messe decisamente bene.

La presentazione.
“La nuova rivoluzionaria Honda sport/turismo”….così, la stessa Casa, definisce la CX500 nel 1978. Doveva accontentare gli sportivi e gli appassionati di viaggi. Costava 2.700.000 lire: più di qualsiasi altra 500 in commercio. Era l’antesignana delle attuali sport-tourer e con caratteristiche prestazionali per soddisfare una clientela competente ed appassionata, La linea era “futuristica” se paragonata ai canoni estetici di fine anni Settanta. Però, appena apparsa sul mercato, la risposta, da parte della stampa specializzata, non è stata entusiastica. Il suo enorme serbatoio 22 litri e i due grandi cilindri al vento, hanno trovato scettici commenti: in un articolo del febbraio 1978 su Driving Cycle publishers è riportato: "Al primo sguardo, la moto è stata una delusione", mentre Cycle World ha commentando il motore della CX, diceva: "sembra un compressore d'aria". Il nomignolo, che le è rimasto, affibbiato dalla stampa tedesca è Güllepumpe, che proprio un complimento non è!


Però, anche la critica, una volta che ha potuto provarla, non ha potuto che apprezzare le caratteristiche della moto e la sua maneggevolezza. Cycle Guide ha detto "Dobbiamo considerare la gestione del CX500 come eccellente", mentre Cycle del maggio 1978 la ha elogiata per la sua altezza da terra e la sua risposta sicura, chiamando lo sterzo della moto "meravigliosamente folle, sembra quasi di percepire il desiderio di fare leggere correzioni di rotta ". All'inizio anche gli acquirenti sono stati un po’ scettici e non nascondiamo che i primi modelli hanno avuto problemi con il tendi catena di distribuzione e l’alternatore. L’Honda ha difeso le proprie scelte ed ha assistito i proprietari con la propria assistenza, provvedendo ad intervenire su ogni singolo modello, per soddisfare le richieste della propria clientela.

L’estetica
Vista frontalmente la CX500 mette in evidenza la linea snella e la limitata sporgenza dei cilindri grazie alla loro V di 80 gradi. Tutto il contrario della vista laterale che mostra una moto compatta, quasi massiccia nella zona centrale/posteriore. Il motore, alto, è letteralmente "appeso" al telaio dalla struttura a "diamante" e funge da elemento portante. Faro e strumentazione sono integrati da un piccolo cupolino (presente nella seconda serie) che fascia anche i sostegni degli indicatori di direzione, ma solo alle alte velocità si sente la sua necessità.

La strumentazione è montata su supporti di tipo elastico e comprende il doppio contachilometri (parziale e totale), il contagiri, l’indicatore della temperatura dell’acqua e le spie di servizio. Il retrotreno è caratterizzato dalla presenza del freno a tamburo e del cardano. Lo stile è personale, forcelle quasi verticali e un motore corto su una moto che è piuttosto alta hanno contribuito a darle un aspetto tozzo. Il serbatoio del carburante è rastremato verso la parte anteriore, mentre la  luce di posizione posteriore, che sporge da un breve carenatura dietro il sedile, ha la forma di mezza luna. Il risultato finale è stato un mix di caratteristiche standard, sport e da turismo.
La tecnica
Il motore del CX si stacca completamente dai soliti schemi. E’ stato il primo, e purtroppo l’ultimo, V-twin che l’Honda abbia mai costruito. Il primo prototipo è stato il CX350, mai stato posto sul mercato. In tale versione i cilindri, già ruotati rispetto l’asse longitudinale di 22°, avevano tra loro un angolo di 90 gradi, come la Moto Guzzi V7 dei primi anni. Per la produzione di serie i progettisti dell’Honda hanno preferito un angolo tra i cilindri un po’ più stretto, 80 gradi, mentre le teste dei cilindri sono rimaste girate verso l'interno, rispetto all’asse della moto, di 22 gradi, per un migliore flusso della miscela e dei gas esausti, una posizione più centrale e protetta dei carburatori ed una minore interferenza con le ginocchia del guidatore. Il design innovativo pone il motore sopra la trasmissione, con entrambi in uno stesso involucro. Così il motore si mantiene corto, molto alto, e, per un problema di distribuzione dei pesi, il baricentro rimane basso, a tutto vantaggio della tenuta di strada e della maneggevolezza. A sinistra, c'è l'alternatore, mentre il complesso cambio-frizione è posizionato sotto il cilindro destro, per cui il bicilindrico, completo di radiatore è particolarmente compatto. Elevato invece, per non dire eccessivo, il peso (64 kg). È a corsa corta (alesaggio 78 mm e corsa da 52 mm), con camere di combustione emisferiche-pentagonali, raffreddamento ad acqua, che ha consentito un rapporto di compressione elevato (10:1), con il fuori giri posto a 9.650 giri/1’. Le valvole sono in testa e l’albero a camme è situato alla base del V tra i cilindri. Le valvole sono quattro per cilindro in testa, con bilancieri a forcella uniche che agiscono fuori di ogni asta. Il motore funziona bene anche con benzina a  87 ottani. Offre quasi 50 CV (37 kW) a 9.500 giri con una buona coppia anche a bassi regimi di rotazione. Le canne dei cilindri sono fusi nel carter che complica il processo di revisione, anche se si ha notizia che molti esemplari siano arrivati a oltre i 200.000 chilometri. Senza ombra di dubbio un bel concentrato di novità.

Trasmissione
La leva del cambio è spostata con il solito movimento del piede sinistro, ma invece di oscillare in un movimento avanti-indietro si muove da sinistra a destra. Questa differenza è sentita dal pilota, tuttavia, non richiede alcun cambiamento nella tecnica dello spostamento, ma non è possibile regolare pedana e leva del cambio per personalizzare la posizione di guida. La trasmissione avviene tramite un albero di trasmissione con un giunto cardanico che gira in senso inverso al motore per contrastare la tendenza della coppia motore al ribaltamento della moto, quando l'acceleratore viene aperto o chiuso.




L'albero aziona un ingranaggio conico a cui la ruota è collegata tramite un Cush-drive, che assorbe e ammortizza gli urti e le vibrazioni della catena cinematica. La coppia conica ruota in un bagno d'olio, in cui è prevista la lubrificazione del cuscinetto dell'albero. Il sistema ha costi di manutenzione praticamente nulli. L’ottima realizzazione della trasmissione, unita al gruppo frizione-cambio controrotante rispetto all’albero motore (soluzione adottata anche sulla Gold Wing 1000), trasmette al guidatore la sensazione di avere a che fare più con una moto dotata della tradizionale ed elastica catena che da un rigido cardano.

Ruote
Le ruote originali Com-Star dell’Honda combinano la flessibilità delle ruote a raggi (senza l'onere di manutenzione) con la rigidezza e le caratteristiche delle ruote in lega. E’ stata, insieme al CBX sei cilindri, una delle prime moto di serie ad essere stata equipaggiata con pneumatici tubeless.

Sospensioni, freni e telaio
Le prime versioni avevano sospensione tradizionale, composte da forcelle telescopiche idraulicamente anteriori e doppio ammortizzatori oleo-meccanici posteriori.  Gli ultimi modelli sono stati equipaggiati con forcelle anteriori più grandi, assistite con dispositivi ad aria, e caratterizzate da una sospensione posteriore con mono-ammortizzatore Honda Pro-Link, che hanno consentito un notevole miglioramento nell’assetto della moto. Le prime CX  erano dotate di un freno a singolo disco anteriore, mentre dalla seconda serie del ’79 in poi, tutte le altre moto erano dotate di due freni a disco anteriori.




I modelli dopo il 1980 avevano i pistoncini dual sport che sostituivano la pinza a singolo pistoncino dei modelli precedenti. Per i modelli Eurosport e Turbo, il tamburo posteriore è stato sostituito con uno a disco ad una pinza a doppio pistoncino. Tutti i modelli sono dotati di telai in tubo d'acciaio, a grande sezione, con il motore montato come elemento portante.

Considerazioni
Nel complesso, il CX500 è un buon prodotto targato Honda. Ha riscosso un discreto successo di mercato. Ben meritata è la sua reputazione di mezzo affidabile, di buone prestazione e di poca manutenzione. La FMI l’ha inserita, a buon diritto, nel proprio elenco di Moto d’interesse storico. Non richiede particolare cure, basta poca manutenzione che è possibile fare da soli, con un pizzico di competenze meccaniche ed una discreta manualità. Il tasso di sopravvivenza dei CX è elevato.



Rimane la sensazione è che la sua mamma (l’Honda) non l’abbia mai veramente amata, al contrario di un nutrito gruppo di appassionati in tutto il mondo.
CONTINUA...
Roberto Savinetti

Nessun commento:

Posta un commento